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Relazione Dia II semestre 2020: gli interessi dei clan strutturati, nigeriani, albanesi e cinesi.

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Metamorfosi delle organizzazioni malavitose pronte a sfruttare le difficoltà sociali, finanziarie di imprese e cittadini.

Il perdurare dell’emergenza sanitaria da Covid-19 ha accentuato le conseguenze negative sul sistema sociale ed economico italiano originate dalle misure resesi necessarie per contenere l’espandersi del contagio. E’ il dato di fondo che emerge dalla Relazione semestrale al Parlamento sull’attività svolta dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) relativa al II semestre 2020. Di tale situazione, che vede in difficoltà finanziaria imprese e cittadini, potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva, con mire e interessi nel sistema imprenditoriale. Con la Covid economy, inoltre, le mafie che ora potrebbero rivolgere le proprie attenzioni operative verso i fondi comunitari che giungeranno a breve grazie alle iniziative del governo per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni connesse all’emergenza sanitaria.

Inoltre, i sodalizi mafiosi – si legge ancora nella relazione – potrebbero utilizzare le ingenti risorse liquide illecitamente acquisite per aiutare privati e aziende in difficoltà al fine di rilevare o asservire le imprese in crisi. Una strategia mafiosa che si rivelerebbe utile anche per il riciclaggio e per l’infiltrazione nei pubblici appalti.

Proprio per contrastare le contaminazioni mafiose nel sistema economico e sociale, l’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso – istituito nel mese di aprile 2020 e guidato dal direttore centrale della Polizia criminale Vittorio Rizzi – ha continuato ad esaminare attentamente il fenomeno.

I nigeriani, albanesi e cinesi tra i clan più strutturati 

“Se al centro-nord i sodalizi di origine straniera risultano muoversi in modo indipendente divenendo talvolta egemoni in specifici settori delinquenziali, nelle regioni del sud tali consorterie prevalentemente operano in via subordinata o con l’assenso delle mafie locali. Le matrici mafiose tradizionali inoltre accettano di interagire ‘alla pari’ con le organizzazioni etniche nell’ambito di traffici transnazionali soprattutto in materia di droga e di armi”.

Tra i clan più strutturati si segnalano quelli nigeriani, albanesi e cinesi per “capacità organizzativa” e “spregiudicatezza criminale” ma attenzione meritano anche i gruppi formati da elementi provenienti dall’est Europa e dai Paesi ex sovietici, nonché dal Pakistan e in generale del Sud Est asiatico, che “premono per trovare il proprio spazio nel panorama delinquenziale italiano”.

In particolare, “l’’insediamento dei nigeriani in Italia ha avuto inizio negli anni ‘80 principalmente attraverso flussi migratori irregolari che hanno visto come prima meta le regioni del Nord-Italia in particolare il Veneto, il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia Romagna dove oltre a comunità operose ed inclini all’integrazione si sono progressivamente manifestate sacche di illegalità. Ad avere particolare rilievo sono i cosiddetti secret cults  le cui caratteristiche sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e in generale un modus agendi tale che la Corte di Cassazione si è più volte espressa riconoscendone la tipica connotazione di ‘mafiosità’”.

I criminali albanesi presenti su gran parte del territorio nazionale agiscono per lo più “in seno a piccoli gruppi anche multietnici per la commissione di reati contro il patrimonio” ma in diversi casi “è stata riscontrata la presenza nel Paese di organizzazioni strutturate e durevoli che operano secondo modalità simili a quelle delle ‘mafie tipiche’. Di norma gli albanesi si occupano dell’approvvigionamento delle droghe che vengono poi cedute ai sodalizi autoctoni per la gestione dello spaccio”.

Quanto alla criminalità cinese, di regola “è incentrata su relazioni familiari e solidaristiche. I gruppi appaiono organizzati con una struttura chiusa e inaccessibile. Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni criminali italiane o la costituzione di piccoli sodalizi multietnici per la gestione della prostituzione, la commissione di reati finanziari e il traffico di rifiuti”.

Attività Dia. Alcuni dati nel dettaglio

Il documento presentato oggi, quindi, è orientato all’analisi e interpretazione delle possibili strategie d’azione e linee di tendenza evolutive, soprattutto sul piano imprenditoriale nel medio-lungo periodo, delle organizzazioni mafiose che non conoscono confini di settore e geografici.

La relazione, attraverso lo studio dei macro fenomeni criminali, analizza i principali gruppi malavitosi. La ‘ndrangheta si conferma come un’organizzazione unitaria, territoriale e saldamente strutturata su vincoli di parentela ed esprime un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche. In Sicilia coesistono organizzazioni criminali eterogenee che seguono dinamiche diversificate sia pure con la storica preminenza di cosa nostra. La camorra si conferma quel macro-fenomeno criminale connotato da un potere mafioso espresso da alcune grandi e consolidate organizzazioni tra loro autonome. Per quanto attiene ai sodalizi pugliesi, varie sono le espressioni criminali legate rispettivamente alla provincia di Foggia, al territorio di Bari e al basso Salento.

Un focus è dedicato alle organizzazioni criminali straniere in Italia con sodalizi attivi nel narcotraffico, nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nella tratta di esseri umani finalizzata allo sfruttamento della prostituzione e del lavoro irregolare. Tra i clan più strutturati, quelli nigeriani, albanesi e cinesi.

Il documento contiene, inoltre, analisi e approfondimenti su: appalti pubblici (con le attività svolte dalla Dia in tale settore strategico per l’economia nazionale); criminalità organizzata italiana all’estero e relazioni internazionali; attività di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio; sodalizi mafiosi nei settori del gioco d’azzardo (gaming) e delle scommesse (betting), con circuiti paralleli a quello legale allo scopo sia di riciclare, sia di incrementare le cospicue risorse a disposizione.

L’aggressione ai patrimoni illecitamente conseguiti dalle organizzazioni criminali ha visto la Dia protagonista in attività preventive sia su propria iniziativa, sia a seguito di delega dell’Autorità giudiziaria competente. Sono stati sequestrati beni alla ‘ndrangheta per un valore di 52.949.419 euro, a Cosa nostra per un valore di 165.652.138 euro, alla camorra per un valore di 10.000.000 euro, alla criminalità pugliese e lucana per un valore di 300.000 euro, ad altre organizzazioni criminali italiane e straniere per un valore di 58.539.492 euro. Nel complesso, sono stati, inoltre, confiscati beni alle organizzazioni criminali per un valore di 181.134.492

Ispezionati 26 cantieri in seno ai quali si è proceduto al controllo di 545 persone fisiche, 138 imprese e 353 mezzi.
Eseguite 6.394 richieste di accertamenti antimafia a carico di 32.956 imprese e di 7.863 persone fisiche ad esse collegate.
Sono stati 364 i provvedimenti interdittivi emessi dagli Uffici territoriali del Governo e comunicati all’Osservatorio centrale appalti pubblici della Dia.

 

Redazione

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