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Fabio Massa, giornalista de Il Foglio ci parla del suo libro inchiesta ‘Fuga dalla città’

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Anna Tortora

Per la mia rubrica ‘IL Personaggio’ sono lieta di ospitare il collega Fabio Massa, giornalista de Il Foglio e affaritaliani.it, che ci parlerà del suo nuovo libro ‘Fuga dalla città’.
Un libro inchiesta descrive la realtà per quella che è e, in questo caso, vediamo come la città di Milano ha vissuto la pandemia.

D. Il tuo libro è indicativo, parla della grande Milano,  in difficoltà, in tempo di Covid. Me ne parli?
R. “Questo libro nasce in due fasi perché la prima si è conclusa a Marzo 2020, nel senso che io avevo già finito di scrivere un libro su una Milano splendente, la città più cool d’Italia, più ricca, ecc ecc, con molte diseguaglianze e, infatti, era intitolato ‘La città degli eletti’. Un gioco tra politica ed economia, non voleva essere una celebrazione ma un’indagine sulle disarmonie di una città molto celebrata.  Poi arriva il Covid e tutta una serie di certezze, delle quali i milanesi fanno molto vanto, vengono a crollare, quindi il libro cambia radicalmente. Lo butto via e lo scrivo daccapo, procedendo sui vari capitoli che determinavano le eccellenze di Milano, che non sono più tali, in quella che vuole essere una fuga dalla città nel senso di un modello di città. Fuga da un modello di una città che si specchiava molto su se stessa, si beava della propria ricchezza e della propria immagine, ma nella quale sono esplose tante contraddizioni. Lo faccio con una serie di capitoli, con interviste ai protagonisti ai capitoli stessi. Il primo capitolo è la sanità che Milano e la Lombardia pensavano di avere la migliore, l’eccellente e, invece, non è stata all’altezza della pandemia. In fondo a questo capitolo c’è l’intervista ad Attilio Fontana, governatore della Lombardia, che è il capo rispetto alla gestione della sanità. Poi c’è la parte legata all’urbanistica, la Milano dove si costruisce, dove arriveranno un sacco di miliardi da investire (dai cinque ai sette miliardi di investimenti sulla città), e anche lì va tutto ripensato, perché è una città piena di uffici ma quando c’è lo smartworking i due concetti fanno un po’ a pugni. In fondo a questo capitolo c’è l’intervista a Stefano Boeri, architetto del bosco verticale; inoltre vi è uno spin off sullo stadio di San Siro che si sarebbe dovuto realizzare, un argomento molto caldo, e nessuno ha fatto niente.
C’è tutto un capitolo legato alla parte culturale, fondamentale, ed io l’analizzo in quanto una città che si vanta delle ricchezze del settore privato, alla fine le istituzioni culturali (la Scala e non solo) vivono di soldi pubblici. C’è un’intervista a Ferruccio Resta, Rettore del politecnico, su tutta la parte legata al lavoro; poi c’è l’intervista al sindaco di Milano che parla dei conti pubblici della città, che ha sempre fatto vanto di essere tanto ricca da poter fare da sola e che, invece, nell’anno di pandemia ha sommato un deficit di bilancio di oltre mezzo miliardo di euro, inserito in un sistema sano è una botta non da poco e fa guardare al futuro con molta preoccupazione”.

D. Questo libro ha suscitato qualche critica negativa? Sono più diretta: qualcuno delle istituzioni si è sentito chiamato in causa?
R. “L’accusa più forte di questo libro è quella di un’altra persona intervistata, il grande vecchio del sociale, della finanza, della politica, Giuseppe Guzzetti. Lui dice ‘A Milano, prima della pandemia, c’erano ventimila bambini che non avevano da mangiare e che non potevano studiare, in povertà assoluta. Con la pandemia sono aumentati. Chi ha responsabilità di Governo non dovrebbe dormirci la notte”. Ecco, questo è lo J’accuse più forte dell’intero libro, ma ci sono casi di tutti i tipi: dallo schiavismo, al lotto mercato, allo schiavismo dei rider. La politica non si è sentita risentita ma ha, indubbiamente, preso spunto da una serie di cose scritte nel libro. E non si è risentita perché non ho fatto un discorso prettamente politico, ma ho fatto un discorso oggettivo, nel senso che le critiche che ho avanzato sono suffragate da dati e da analisi, non discorsi pro o contro regione, pro o contro comune”.

D. Secondo te, l’Italia tutta, da questa pandemia, ne uscirà distrutta o si riuscirà ad aggiustare qualcosa?
R. “Io penso questo: non andrà tutto bene, non andrà neanche tutto male perché, in fondo in fondo, nella storia di ogni città d’Italia (vale per Milano che ancora con le macerie della seconda guerra mondiale fece la prima della Scala, vale per Napoli che fu capace di ribellarsi da sola) ci sono storie di resilienza. Milano fu rasa al suolo da Barbarossa, Roma è sta conquistata dai barbari, eppure siamo andati avanti. C’è una forza nel popolo italiano che è insita, ‘Barcolla ma non molla’ come si dice dell’amico ubriaco. Ne usciremo distrutti? No, assolutamente. Ne usciremo diversi? Sì, sicuramente. Ne usciremo migliori? Non credo. Ne usciremo cambiati? Sì, questo sì.
La morale del libro è che non bisogna fuggire da una parte per andare dall’altra, se uno vuole vivere a Milano non c’è un’altra Milano, come non c’è un’altra Roma, un’altra Napoli, un’altra Trieste, però bisogna fuggire da una città per entrare dentro un’altra logica di città. Una città che si specchia di meno, una città verticale con più giardini, dove le case dovrebbero essere meno piccole ma più grandi ci devi poter lavorare anche. Uscire da una logica ed entrare in un’altra”.

Coltivare un’aspettativa futura che tende ad un ottimo fine.
Ringrazio Fabio Massa per il contributo molto prezioso per tutti gli Italiani.

 

Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.