Attualità

La breccia d Porta Pia fu davvero necessaria?

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Anna Tortora

“La nostra stella, o Signori, ve lo dichiaro apertamente, è di fare che la città eterna, sulla quale 25 secoli hanno accumulato ogni genere di gloria, diventi la splendida capitale del Regno italico.”

Camillo Benso, conte di Cavour, discorso al Parlamento del Regno di Sardegna 11 ottobre 1860.

La presa di Roma, nota anche come breccia di Porta Pia, fu l’episodio del Risorgimento che sancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia.

Avvenuta il 20 settembre 1870, decretò la fine dello Stato Pontificio quale entità storico-politica e un momento di profonda rivoluzione nella gestione del potere temporale da parte dei papi.

Per il 150esimo “Erano in programma celebrazioni in grande. Ma tutto è rinviato di un anno a causa dell’epidemia.

Solo una piccola cerimonia, tanto per non dimenticare.

Quel giorno i Bersaglieri passarono per primi attraverso l’apertura creata nelle mura di cinta.

Ma chi aveva frantumato le mura erano gli Artiglieri che adesso rivendicano il loro ruolo. Furono loro a sparare i colpi di mortaio che spalancarono la breccia. L’Associazione degli Artiglieri ha individuato il punto esatto da cui furono sparati i colpi di mortaio e lì verrà ora collocata una targa.
Fu l’episodio conclusivo dell’Unità d’Italia, lo Stato Pontificio aveva perso territorio e autonomia.
Il Papa Pio IX, con l’arrivo dei Bersaglieri, si affrettò a lasciare il Palazzo del Quirinale dove risiedeva.
Al Quirinale arrivò, due mesi dopo, il re Vittorio Emanuele II. Il sovrano era scomunicato e si presentò nella nuova capitale in tono dimesso, quasi di nascosto, senza nessuna cerimonia. Scese dal treno alle 3 e mezzo di notte.
Successivamente, in vista delle elezioni del 1913, il nobile Ottorino Gentiloni fece rientrare in gioco i cattolici favorendo un accordo con i liberali di Giolitti, accordo noto appunto come Patto Gentiloni.
“Mussolini fece il resto nel 1929, per consolidare il suo potere, accettò una “conciliazione” col Vaticano, che grazie al Duce tornava ad avere un ruolo importante nella storia italiana.”
Marco Nese
“Ma a proposito di concordati, anche il primo riconoscimento giuridico degli ebrei in Italia, dopo secoli di semiclandestinità, avvenne con lo Stato fascista, sulla scia del Concordato con la Chiesa cattolica. Ma andiamo con ordine. Quando andavo a scuola, e non era sotto il regime fascista ma molto dopo, l’11 febbraio era festa a scuola. La Conciliazione che ricucì la ferita tra Stato e Chiesa dopo la breccia di Porta Pia…”
Marcello Veneziani
19 Settembre 1870. Dai ricordi di un soldato (Ugo Pesci, Come siamo entrati in Roma). L’attacco è previsto per domani mattina alle cinque e mezza. “Rientrammo di buon’ora a vigna Tosti, tanta era l’ansia che quella notte passasse presto. Raccogliemmo le nostre robe, e andammo a riposare vestiti…
A riposare, non a dormire, perché l’inquieta bramosia non ci lasciava chiudere occhio”.
20 Settembre, ore cinque e mezza “Uno, poi due, poi tre, poi altri orologi di Chiese e campanili batterono il primo colpo di cannone, poi un secondo dalla parte di San Lorenzo. Ormai cosa fatta capo ha! Non si torna più indietro!
L’aria era pura, odorosa, la mattinata bellissima, senza una nuvola in cielo”.
20 Settembre, ore 10. Da un servizio di Edmondo De Amicis, giornalista ventiquattrenne al seguito di spedizione italiano.
“Quando la Porta Pia fu affatto libera, e la breccia aperta sino a terra, due colonne di fanteria furono lanciate all’assalto. Ho visto passare il quarantesimo a passo di carica. L’ho visto, presso la porta, gettarsi a terra per aspettare il momento opportuno ad entrare. Ho sentito un fuoco di moschetteria assai vivo; poi un lungo grido – Savoia -, poi uno strepito confuso, poi una voce lontana che gridava – sono entrati!
Allora giunsero a passi concitati i sei battaglioni di bersaglieri della riserva: giunsero altre batterie di artiglieria e si avanzarono altri reggimenti…”
“[…] La porta Pia era tutta sfracellata; la sola immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materasse fumanti, di berretti di Zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti”.
Edmondo de Amicis Le Tre capitali, Torino, Firenze, Roma, 1898
21 Settembre, ore 9:00. Dal rapporto del diplomatico austriaco Palomba: “…Alle sei, il corpo diplomatico era già riunito in Vaticano, ma non fu ammesso alla presenza del Papa che alle nove, dopo che Sua Santità ebbe celebrato la Santa Messa, a cui tutti poterono assistere, Pio IX ricevette i diplomatici nella sale della sua biblioteca, li fece sedere in cerchio e parlò delle cose più indifferenti, della sua infanzia, della sua prigionia nella fortezza di Palma, di quando era in missione nel Cile, del Trocadero. Dopo tre quarti d’ora si ritirò. Eravamo rimasti tutti negli appartamenti del Papa, quando il cardinale Antonelli entrò per comunicare un rapporto del generale Kanzler, comandante delle truppe pontificie: aveva dovuto alzare bandiera bianca”.
Il Papato perdeva il suo. Non per questo moriva, anzi…
21 Settembre, ancora in Vaticano, dopo alcune ore, sono ricevuti dal Pontefice i rappresentanti che hanno ‘mercenari’ a Roma. Questa volta Pio IX non sa trattenere tutta la sua tristezza. È sempre il diplomatico austriaco che ci racconta: “Ci disse che si sottometteva umilmente ai decreti della Provvidenza e che li rispettava, che aveva compiuto il suo dovere e che nulla avrebbe fatto per provocare questa guerra atroce e barbara…”
Ma era davvero necessaria?
Quello che deriva dal Congresso di Vienna al 20 Settembre 1870 è il grande arco storico nel quale, dopo il primo disperato tentativo di restaurare l’ancien regime, riesplode il bisogno di libertà sia all’interno degli assetti statuali, sia nei rapporti tra gli Stati.
È dunque un dar ragione tout court alla breccia di Porta Pia? Sarebbe troppo. Si tratta piuttosto  di non considerarla come l’unica alternativa possibile, ma pensare ad un più sereno discernimento e ad una sintesi nuova.

 

Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.