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‘In nome del Popolo televisivo’. Il nuovo libro di Valerio de Gioia e Adriana Pannitteri. Intervista con Valerio de Gioia

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Anna Tortora

Per la mia rubrica IL Personaggio sono lieta di ospitare il giudice Valerio de Gioia che ci parlerà del suo nuovo libro, scritto a “quattro mani” con la giornalista Adriana Pannitteri.
Un libro che evidenzia vari temi che hanno fatto notizia per molto tempo, incollando milioni di persone alla televisione.
La cara TV che ha il privilegio di far vedere e di mostrare: un prodigio tecnologico che tocca fortemente la sfera dell’immaginazione e del sentire collettivo.
Il palinsesto televisivo è condizionato ormai dai fatti di cronaca, dalla mattina a tarda sera, e gli autori del libro analizzano, appunto, le degenerazioni del fenomeno.

In nome del Popolo televisivo. Un titolo che lascia intendere tanto. Perché questo libro?

“Con la giornalista del Tg 1, Adriana Pannitteri, abbiamo sentito l’esigenza di riflettere e far riflettere sulle aberrazioni del processo mediatico. Pur essendo, quello della cronaca giudiziaria, un diritto sacrosanto, si deve cercare di esercitarlo nel massimo rispetto della dignità delle persone coinvolte e delle attività investigative o processuali in corso.”

Cogne è stato l’inizio di tutto.

“La nascita del processo mediatico, come oggi lo conosciamo, si deve a quello che è accaduto, ormai vent’anni fa, in quel piccolo e tranquillo paese della Val d’Aosta. La madre, dapprima accusata e poi condannata per l’omicidio del proprio figlio, ha scelto, ad un certo punto, di difendersi in televisione. Da quel momento niente è stato più come prima.”

La cronaca giudiziaria appassiona i telespettatori anche in questo momento storico?

“Sempre. Le vicende di cronaca giudiziaria, soprattutto legata a delitti efferati, sono sempre molto seguite, anche per una sorta di effetto catartico, assolvono i telespettatori dalle piccole colpe del quotidiano.”

I vari casi raccontati mettono in risalto anche le personalità dei protagonisti. Ci sono delle similitudini tra di loro?

Ogni caso è diverso dall’altro.  Un tratto comune, alle volte, è l’ansia di difendersi mediaticamente, rilasciando interviste e dichiarazioni che poi sono state utilizzate dalle stesse autorità inquirenti per far emergere le contraddizioni e le responsabilità dell’autore del reato.”

Ringrazio il dott. Valerio de Gioia per la piacevole conversazione.

 

Anna Tortora

Nata a Nola. Si è laureata alla Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Le sue passioni sono la politica, la buona tavola, il mare e la moda. Accanita lettrice, fervente cattolica e tifosa del Milan.