Sport

Non va come desiderato, festa solo rimandata ma il Napoli in casa non sa più vincere

Condividi

di Luca Muratgia.

Era tutto pronto per festeggiare la conquista del terzo scudetto, la vittoria dell’Inter, al Meazza contro la Lazio seconda in classifica, aveva fornito agli azzurri un imperdibile assist. Uno stadio vestito a festa in un’atmosfera commovente, uno spettacolo indimenticabile di centinaia di migliaia di bandiere azzurre sventolare come mai si ricorda. Una città pronta ad esplodere di felicità con tutte le precauzioni appositamente predisposte per garantire i festeggiamenti nella massima sicurezza. In tale previsione erano state  infatti predisposte una serie di misure da parte degli organi competenti come lo spostamento della partita stessa da sabato a domenica, nonché il blocco della circolazione veicolare in tutto il centro di Napoli. Si è pervenuti ad un soffio dalla perfezione. È mancato però il risultato necessario al Napoli per celebrare la matematica certezza della conquista del tricolore che, a queste latitudini, manca da 33 anni. Il Napoli, inutile fare finta di niente, non è più lo stesso Napoli che ha incantato l’Italia e l’Europa con il suo gioco spettacolare, rimane una squadra forte che, nella sua versione attuale, arranca paurosamente, che riesce a proseguire stentatamente il suo percorso solo grazie alle individualità dei suoi campioni e al cammino stentato ed altalenante delle sue presunte inseguitrici. Al Maradona, ieri in una giornata che poteva entrare di diritto nella storia, è bastata una Salernitana arcigna, ben disposta in campo, per creare importanti difficoltà ai partenopei ormai incapaci di affrontare squadre che si chiudono a riccio e non concedono profondità.

È sembrato di assistere ad un film già visto, con la Lazio, con il Milan per ben tre partite, con il Verona terzultimo in classifica due settimane fa. Per fronteggiare situazioni del genere occorrerebbe una condizione atletica, una velocità e una lucidità che ora, anche per l’ammissione stessa di Spalletti, non c’è. La squadra, di fronte a particolari atteggiamenti tattici delle avversarie, non riesce a creare pericolosità, nonostante una superiorità nel possesso palla imbarazzante ma sterile. Sembra anche inevitabile, oltre che umano, che i giocatori, ragazzi inesperti e poco abituati a pressioni del genere, provìno uno stress mentale esasperante e che, inevitabilmente, condiziona le prestazioni sul campo. Tali ripetitive dinamiche, trovano ovviamente la loro massima espressione nelle partite che gli uomini di Spalletti disputano al Maradona. Proprio per l’atteggiamento tattico degli avversari, che ormai hanno ben capito come creare difficoltà e affrontano il Napoli tutte alla stessa maniera, gli azzurri in casa non sanno più vincere. Basti considerare che dal 13 febbraio, giorno di Napoli Cremonese 3-0, il Napoli ha vinto solo una volta contro l’Atalanta, con due sconfitte con Lazio e Milan e due pareggi contro squadre pericolanti come Verona e Salernitana. In tre mesi una sola vittoria casalinga per una squadra che aveva suscitato, fino ad un certo momento della stagione, un certo scalpore per la sua capacità di dominare gli avversari e per la sorprendente continuità di risultati paragonabile alle big europee.
La partita di ieri ha seguito il canovaccio a cui i tifosi partenopei sono abituati già da qualche mese, con la squadra avversaria chiusa nella propria trequarti ad occupare tutti gli spazi disponibili ed il Napoli che non riesce a sviluppare la sua manovra se non attraverso una rete, tanto fitta quanto inutile, di passaggi orizzontali. Nonostante tutte le difficoltà sopra descritte, gli azzurri riescono comunque a scardinare l’attenta retroguardia granata, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, con un’imperiosa incornata di Oliveira che batte il portiere salernitano Ochoa. Sembra tutto fatto, tutto pronto e che la parte maggiormente difficoltosa della partita sia ormai alle spalle dovendo solo attendere il triplice fischio finale dell’arbitro per la consacrazione definitiva. Proprio questa convinzione comporta un abbassamento del livello di attenzione e concentrazione dei giocatori azzurri che si fanno trovare impreparati su una punizione con Dia, inspiegabilmente lasciato solo, che, dalla destra converge verso il centro sfoderando una bordata che si infila sotto l’incrocio dei pali e gela improvvisamente e dolorosamente tutta la passione azzurra. Inutile il forcing finale con le occasioni di Kvaratskhelia e Simeone che non pervengono a buon fine anche per uno strepitoso Ochoa, oggi migliore in campo. Niente da fare insomma ma non sussiste alcun motivo per drammatizzare.

Lo scudetto ormai è cosa fatta e resta da comprendere solo la data della matematica certezza. Anzi paradossalmente, con il pareggio di ieri, gli azzurri, sfruttando il passo falso della Lazio, si sono ulteriormente avvicinati alla fatidico momento. Al Napoli basterà infatti solo un punto da conquistare già nella trasferta di Udine di giovedì, anzi addirittura se la Lazio non dovesse vincere mercoledì in casa contro il Sassuolo, i giocatori potrebbero festeggiare già in albergo la conquista del tricolore. Dallo scudetto perso in albergo a quello conquistato in albergo è un attimo.