Attualità

Perché la Questione Meridionale non avrà mai fine

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di Luigi Ruscello

Ci vorrebbero 128 anni, dal 2022, perché il Pil per abitante del Mezzogiorno raggiunga quello del Nord. Questo è il risultato della proiezione con un tasso medio annuo superiore di mezzo punto rispetto al Nord, sulla base delle dinamiche registratesi nel Pil per abitante dal 1995 al 2022.

Nel dicembre 2023 l’Istat ha reso noti i dati territoriali relativi al prodotto interno lordo dal 1995 al 2022 (http://dati.istat.it/Index.aspx?QueryId=11483).

In tale arco temporale la media del rapporto tra il pil pro capite del Mezzogiorno e quello del Nord è risultata pari al 54,93%, con un range molto ristretto, in quanto l’oscillazione è andata dal minimo del 53,28%, registratosi nel 2018, al massimo del 54,40% nel 2009. Insomma, come un encefalogramma piatto: 54,20 nel 1995 e 53,83% nel 2022 (Tabella 1), il che è rilevabile dall’esposizione grafica dei dati in doppia visuale (Grafici 1 e 2). La prima, fornita in automatico da excel, con limiti i valori del 51 e 58%, e la seconda, come elaborazione, da 0 a 100%. Il che, peraltro, dimostra anche come possa essere ingannevole la rappresentazione grafica di un fenomeno.

Per il Mezzogiorno i valori assoluti salgono dagli 11.517,2 euro del 1995 ai 21.653,1 del 2022, con un incremento dunque dell’88,0%. Nella circoscrizione settentrionale, invece, si è registrato un aumento superiore, cioè dell’89,3%. In valori assoluti, ciò significa che si è passati da 21.248,0 a 40.223,8 euro.

Insomma, si sta concretizzando sempre con maggiore tangibilità ciò che la Svimez aveva già pronosticato nel Rapporto 2015, cioè il pericolo di un “sottosviluppo permanente”.

Piuttosto, è da considerare che, sempre nel periodo 1995-2022, il Prodotto interno lordo per abitante è cresciuto ad un tasso medio annuo del 2,34% nel Mezzogiorno e del 2,36% nel Nord. La pur lieve minor dinamica del Mezzogiorno ha fatto sì che il rapporto scendesse dal 54,20% al 53,83%.

In valori assoluti ai prezzi correnti, dunque, nel 1995 il Pil per abitante del Nord era pari a 21.248,0 euro contro gli 11.517,2 del Mezzogiorno, mentre, nel 2022, ai 40.223,8 del Nord se ne contrappongono solo 21.653,1.

La dinamica reddituale, quindi, rappresentata dal tasso medio annuo, pur essendo positiva, è minore, sebbene di un soffio, rispetto a quella del Nord, per cui non è immaginabile raggiungere né il pareggio assoluto, né la cosiddetta “parità approssimativa di reddito”, come definita da Vera Lutz in un saggio del 1961 sulla rivista Moneta e Credito. Il “Piano Vanoni”, infatti, redatto nel 1955, prevedeva di portare il reddito pro capite del Mezzogiorno al 75 per cento di quello nazionale. Secondo Vera Lutz, invece, tale obiettivo non era giusto in quanto peccava probabilmente per difetto. Ed era sicuramente in difetto perché, se il raffronto avviene con la media nazionale, questa è senza dubbio di molto inferiore a quella del Nord poiché condizionata proprio dal bassissimo valore meridionale. (https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/issue/view/952).

Si è visto prima che il rapporto tra Mezzogiorno e Nord, al 2022, è pari al 53,83%, mentre, se fosse instaurato con la media italiana, pari a 32.983,5 euro, il valore sale al 65,65%, cioè ben oltre dieci punti percentuali in più e quindi anche abbastanza ragionevole o meno drammatico. Il che rende oziosi tanti ragionamenti sul divario tra Sud e Nord.

Per aversi una inversione di tendenza, dunque, è quanto mai ovvio che la crescita del Mezzogiorno dovrebbe essere superiore a quella del Nord. E allora si sono proiettati i dati negli anni a venire con due opzioni, e cioè tassi di crescita invariati, come dal 1995 al 2022, e tasso del Mezzogiorno superiore di mezzo punto rispetto a quello del Nord, cioè del 2,86% (Grafico 3).

Ebbene, nel primo caso, naturalmente, il rapporto scende ancora di più (dal 55,83% del 2022 al 52,50% del 2150), mentre, nel secondo, si ha un recupero che porta il Mezzogiorno a raggiungere nel 2091 la “parità approssimativa” indicata da Ezio Vanoni e nel 2126 quella di Vera Lutz, mentre la “parità assoluta nel 2150 (100,44%).

Ebbene, nell’ottimistica previsione di una crescita superiore, ancorché di poco, rispetto a quella nordista, ci vorrebbero, quindi, “solo” 69 anni (calcolati dal 2022) per giungere alla “parità approssimativa” di Ezio Vanoni e ben 104 per quella di Vera Lutz. La parità assoluta, invece, si avrebbe dopo 128 anni.

In conclusione, sembra confermato che la “questione meridionale” non si potrà mai risolvere in quanto, pur essendo auspicabile, non si potrà mai verificare una continua crescita del Mezzogiorno superiore a quella del Nord per un periodo così lungo, come d’altronde sempre si è verificato fin dall’Unità, con l’eccezione del periodo che è andato dai primi anni Sessanta alla metà dei Settanta, cioè la cosiddetta “golden age” (Grafico 4).

[1] Cfr. Svimez, Anticipazioni sui principali andamenti economici dal Rapporto Svimez 2015 sull’economia del Mezzogiorno, presentate nella conferenza stampa tenutasi in Roma il 30 luglio 2015 e disponibili sul sito della Svimez (http://www.svimez.info/index.php?lang=it). Il Rapporto completo è stato edito da “il Mulino”. A pagina 9 così si legge: «… il rischio è che il depauperamento di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire al Mezzogiorno di agganciare la possibile nuova crescita e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente.»

[2] Dati due insiemi di dati relativi ad una funzione che cresce o decresce nel tempo, si possono misurare i tassi di crescita o riduzione annua e formulare una funzione esponenziale per mezzo di un sistema di equazioni simultanee. Ciascuno dei due insiemi di dati puntuali può essere espresso in termini di una funzione di S = C moltiplicato il neperiano “e” elevato alla “it”, dove “i” è il tasso e “t” il tempo.

Ad esempio, con i dati del Nord, si ottiene:

1995 =   21.248,0                  2022 =  40.223,8

1) 21.248,0 = C * e * i(1);      2) 40.223,8 = C * e * i(28)

Con due equazioni e due incognite, si può trovare la soluzione calcolando i logaritmi di ciascuna equazione:

3) ln 21.248,0 = ln C + i(1);    4) ln 40.223,8 = ln C + i(28)

Trovati i logaritmi, si ottiene:

5) 9,964018 = ln C + i(1);       6) 10,60221 = ln C + i(28)

Per eliminare C, si sottrae la 5) dalla 6) = 0,638192 = 27i

Il tasso medio annuo, quindi, sarà:

i = 0,638192 / 27 = 0,023637 = 2,3637%

[3] V. Lutz, Alcuni aspetti strutturali del problema del Mezzogiorno: la complementarità dell’emigrazione e dell’industrializzazione, in Moneta e Credito, Vol. 15, n. 56, Roma, dicembre 1961

 

Luigi Ruscello, nato a Benevento nel 1946, ha compiuto gli studi classici ed è laureato in Scienze politiche. Ha conseguito l’abilitazione alla professione di dottore commercialista e di revisore legale. Dal 1967, anno in cui inizia la carriera bancaria, si occupa di problemi economici. Ha collaborato con giornali, riviste e l’Eurispes.  È autore di saggi a carattere statistico-economico, molti dei quali premiati in Concorsi/Premi.

 

 

 

 

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